La miniera di sale Wieliczka (Polonia)

di: Lorenza Meloni

Il cancello si chiude dietro di noi con un rumore secco e restiamo accalcati nell’atrio angusto in attesa di essere trasportati nel cuore della terra.
Un’aria fredda colpisce i volti ansiosi mentre aspettiamo il nostro Caronte; qualcuno non vorrebbe essere lì e combatte con se stesso, incerto tra l’orgoglio e la paura. Io trattengo il fiato per il terrore del buio e del vuoto. Ma ecco che avanza, non un “vecchio bianco per antico pelo”, ma una dolcissima Alice dai capelli neri che apre la porta di una strettissima gabbia di legno con estrema grazia, come fosse quella di un ascensore di cristallo, e la richiude dietro di noi.
Il buio ci assale con l’odore della terra.

Dura poco il viaggio (anche se per alcuni sembra non finire mai) e ci ritroviamo quaggiù: l’aria è asciutta e fresca e il corridoio che si apre davanti a noi si percorre facilmente, anche se in lieve, ma inesorabile discesa. Basta non pensare di essere in una miniera alla profondità di oltre 60 metri e tutto sembra più facile, così camminiamo fiduciosi, seguendo la nostra Alice, in questo paese delle meraviglie fatto di stretti tunnel rivestiti di legno alternati ad ampie volte di pietra scura, con vecchi attrezzi che sembrano abbandonati solo da poco.
Mani pazienti di uomini che hanno guadagnato qui il loro pane salato hanno scolpito statue di personaggi famosi, di santi, di dolcissime Madonne, ma anche di minatori intenti al loro lavoro con facce dure come la roccia e intense come una preghiera. Ogni volta che il corridoio si allarga per lasciare il posto ad una stanza dal pavimento ormai lucidato dal passo di antichi piedi, ci accolgono queste statue scolpite nel sale da tre uomini, ci viene detto, di cui uno solo era scultore, mentre gli altri due possedevano solo quel talento naturale che spesso hanno le persone più semplici.
All’improvviso una scala scende ripida fiancheggiando le pareti di un baratro simile ad un girone infernale. Guardare verso il basso dà un forte senso di inquietudine. Ci riempie di dolcezza, invece, una musica che proviene dal buio; una spotlight teatrale guida lo sguardo ora in basso verso il bagliore di un’acqua scura ora in alto verso pareti vertiginose. La musica di Chopin rimbalza su questo lago salato, ci avvolge e si innalza fino alla volta altissima per poi ridiscendere dolcemente su di noi. È un sogno o stiamo vivendo una realtà?
Continua il viaggio. Incontriamo altri laghi neri come inchiostro, un’acqua salatissima che scorre attraverso antichi macchinari e scrosciando nel buio alla fine forma ruscelli ai lati del sentiero. Poi, come estrema meraviglia, ci accoglie una cattedrale che non avremmo mai immaginato. Tutto è di sale, l’altare, i gradini, le panche, sculture e bassorilievi alle pareti, la volta immensa di un bianco lattiginoso; la luce è diffusa da lampadari che mandano bagliori dalle gocce fatte di cristalli di sale. Di sale è anche una statua del Papa polacco che, all’uscita, benedice il nostro cammino.
Nell’ultima parte del percorso l’ambiente bruscamente cambia e, pur essendo a circa 130 metri di profondità, diventa più simile a quello di superficie; attraversiamo un vero ristorante perfettamente attrezzato, un vastissimo salone per danze e banchetti, incontriamo negozi che vendono souvenir…
Di nuovo ci mettiamo in fila come anime che, purificate da una dura prova, si affrettano a risalire “a riveder le stelle”.
Quando ci ritroviamo in superficie, dopo il breve supplizio della gabbia-ascensore, ci accoglie un caldissimo sole polacco.
Respiro finalmente a pieni polmoni, soddisfatta di me stessa per aver superato questa prova e rifletto sulle prove che la vita ci propone. Spesso il terrore che all’inizio sembra insormontabile,ci permette di scoprire un mondo nuovo, magari sommerso e difficile da raggiungere, ma ricco e sorprendente. E alla fine di ogni viaggio nel dolore, nelle difficoltà, nelle profondità della terra, scopriamo che si torna in superficie con altri occhi, con un altro cuore, purificati, forse, ma di certo arricchiti dal sale della terra. E anche il sole sembra più luminoso.